Intesa Sanpaolo - UBI Banca. Strategie per una nuova fase del risiko bancario
L’Ops lanciata da Intesa Sanpaolo (ISP) su UBI Banca, rapida e imprevista, ha “sorpreso” il mercato aprendo probabilmente una nuova fase nel sistema bancario italiano. Quali prospettive per un settore in via di consolidamento?
Un’operazione di aggregazione tra il primo e il quarto operatore bancario italiano (per volumi intermediati) potrebbe ora dar vita ad un’accelerazione nel processo di aggregazione nel settore bancario italiano.
Questa volta però non si tratta di un’operazione di “salvataggio”, tra le tante viste negli ultimi anni.
UBI, banca ben gestita e solida, si proponeva infatti fino a ieri come entità aggregante sul mercato. Il top management di UBI, però, ha sempre risposto alle varie ipotesi di aggregazione apparse sulla stampa, che i tempi per questo tipo di operazioni non fossero ancora maturi. Infatti la banca ha presentato il nuovo piano industriale senza prevedere possibili aggregazioni.
Dall’altra parte in molti si aspettavano una “mossa” internazionale di Intesa Sanpaolo, soprattutto nel wealth management, avendo già la leadership in vari segmenti nel mercato italiano.
Perché quindi questa scelta da parte di Intesa Sanpaolo e quali sono i razionali dell’operazione? Lo ha spiegato la stessa banca nel relativo comunicato stampa.
L’operazione nella visione strategica di Intesa Sanpaolo
L’operazione ha come obiettivo strategico il rafforzamento della sostenibilità della creazione di valore per tutti gli stakeholder con un’unione basata su modelli di business affini e su valori condivisi, che non presenta complessità significative anche in considerazione della comprovata capacità di Intesa Sanpaolo di realizzare integrazioni.
Il perfezionamento dell’operazione – chiaramente soggetto e subordinato all’ottenimento delle autorizzazioni da parte delle autorità competenti- permetterà al Gruppo ISP risultante di rafforzare il supporto all’economia reale e sociale, consolidando il proprio ruolo di prima banca italiana con quote di mercato di circa il 20% in tutti i principali settori di attività, accrescendo la creazione e distribuzione di valore con la realizzazione di importanti sinergie senza costi sociali e con la riduzione del profilo di rischio senza costi straordinari per gli azionisti.
Intesa Sanpaolo considera UBI Banca tra le migliori banche italiane, radicata nelle regioni più dinamiche, con rilevanti risultati conseguiti grazie all’eccellente lavoro svolto dal CEO e dal management e con un valido Piano di Impresa, che nel Gruppo risultante dall’operazione possono trovare non solo continuità di realizzazione ma anche ulteriore valorizzazione. UBI Banca si contraddistingue per le affinità con Intesa Sanpaolo, in particolare per quanto concerne il modello di business e i valori aziendali, anche perché molte persone del management di UBI Banca hanno avuto un percorso professionale che in precedenza si è svolto nel Gruppo Intesa Sanpaolo. In considerazione delle affinità in termini di valori aziendali riguardanti sostenibilità e inclusione e responsabilità sociale e ambientale, è previsto che una nuova unità dell’Impact Bank del Gruppo risultante dall’operazione sia basata a Brescia e a Bergamo. La permanenza dei molti azionisti italiani di UBI Banca, in particolare delle fondazioni, nell’azionariato del Gruppo risultante dall’operazione consoliderebbe le affinità valoriali anche sotto questo profilo.
Per prevenire il sorgere di situazioni rilevanti ai fini antitrust, l’operazione include un accordo vincolante sottoscritto da Intesa con BPER Banca, che prevede la cessione di un ramo d’azienda costituito da un insieme di filiali del Gruppo risultante dall’operazione (nell’ordine di 400-500 filiali) e dai rispettivi dipendenti e rapporti con la clientela, per un corrispettivo in denaro corrispondente al 55% del patrimonio in termini di Common Equity Tier 1 del ramo (soggetto ad aggiustamento in sede di perfezionamento). BPER Banca, che Intesa Sanpaolo considera egualmente tra le migliori banche italiane, con un valido management, valori aziendali affini a Intesa e una connotazione italiana dell’azionariato, concorrerà così a rafforzare il supporto all’economia del Paese. L’operazione include anche un accordo vincolante con UnipolSai Assicurazioni, che prevede la cessione per un corrispettivo in denaro di attività assicurative afferenti al predetto ramo d’azienda.
I benefici dell’operazione previsti per gli stakeholder sono in particolare:
- per gli azionisti: dividendi cash elevati e sostenibili, tenendo anche presente che Intesa Sanpaolo ha distribuito dividendi che si sono tradotti in erogazioni da parte delle fondazioni sue azioniste pari a oltre la metà di quelle effettuate da tutte le fondazioni bancarie italiane; ulteriore creazione di valore con un’accresciuta generazione di ricavi conseguente all’ampliamento della base di clientela, un miglioramento della qualità del credito e la realizzazione di sinergie senza che si aggiungano complessità;
- per i clienti: capacità unica nella prossimità alla clientela in tutte le regioni italiane; rafforzamento dell’offerta di prodotti e servizi, con un ulteriore sviluppo della tecnologia, dell’innovazione di prodotto e della tempestività dell’offerta di nuovi prodotti, conseguente all’accresciuta scala di investimenti; ulteriori 30 miliardi di euro di erogazioni di credito nel 2021-2023 per supportare l’economia reale italiana, resi possibili dal rafforzamento della prossimità all’economia locale;
- per le persone del Gruppo: assunzioni di 2.500 giovani per supportare la crescita del Gruppo promuovendo il ricambio generazionale e sostenendo l’occupazione, con un rapporto di un’assunzione ogni due uscite volontarie; accresciuta attrattività per nuovi talenti e maggiori opportunità di crescita professionale e di carriera;
- per la comunità e l’ambiente: un Gruppo motore della crescita sostenibile e inclusiva (costituzione di una Impact Bank leader), impegnato a diventare un punto di riferimento in termini di sostenibilità e responsabilità sociale e culturale e a supportare l’economia circolare e green; valorizzazione delle realtà locali; ulteriori 10 miliardi di euro di erogazioni di credito a supporto della green economy (da 50 a 60 miliardi), aumento di un miliardo di euro del Plafond creditizio Circular Economy (da 5 a 6 miliardi), incremento della capacità creditizia del Fondo Impact (da circa 1,2 miliardi a 1,5 miliardi di euro), rafforzamento delle iniziative del Piano di Impresa 2018-2021 per la riduzione della povertà infantile e il supporto alle persone in difficoltà, fornendo ogni anno oltre 4 milioni di pasti (≈ un milione in più), circa 90.000 posti letto (≈ il 20% in più) e circa 90.000 medicinali e capi di abbigliamento (≈ il 20% in più).
Il Gruppo risultante dall’operazione beneficerà di una capacità di generazione di ricavi di scala europea basata su un modello di business resiliente focalizzato su Wealth Management & Protection, con un radicamento italiano che valorizza il risparmio del Paese, superando i 1.100 miliardi di euro di attività finanziarie della clientela con i circa 3 milioni di clienti di UBI Banca, che detengono circa 200 miliardi di euro di attività finanziarie.
Con il perfezionamento dell’operazione, Intesa Sanpaolo accrescerà la creazione di valore anche per effetto delle sinergie, continuerà ad attuare una politica di elevata remunerazione degli azionisti, manterrà solidi coefficienti patrimoniali e migliorerà ulteriormente la qualità del credito senza oneri straordinari per gli azionisti, avvalendosi del goodwill negativo di circa 2 miliardi di euro generato dall’operazione per coprire nel 2020 gli oneri di integrazione e le rettifiche su crediti con cui accelerare la riduzione dei crediti deteriorati, e prevedendo in particolare:
- un accrescimento dell’utile per azione, con sinergie a regime, pari a circa il 6% rispetto all’utile per azione 2019 di Intesa Sanpaolo;
- un impegno a distribuire un dividendo per azione cash pari a 0,20 euro per l’esercizio 2020 e superiore a 0,20 euro per l’esercizio 2021;
- un coefficiente patrimoniale Common Equity Tier 1 ratio a regime pro-forma atteso superiore al 13% nel 2021, in linea con le stime del Piano di Impresa 2018-2021 di Intesa Sanpaolo;
- un’incidenza dei crediti deteriorati sui crediti complessivi - al lordo delle rettifiche di valore - ridotta a un livello inferiore al 5%, pari a un livello inferiore al 4% in base alla definizione EBA, nel 2021, migliore dell’obiettivo del Piano di Impresa 2018-2021 di Intesa Sanpaolo (un livello inferiore al 6%, pari a un livello inferiore al 5% in base alla definizione EBA).
La redditività del Gruppo risultante dall’operazione beneficerà di sinergie annue ante imposte attese pari a 730 milioni di euro a regime, 680 milioni entro il 2023 e ulteriori 50 milioni entro il 2024, di cui 510 milioni da costi (pari a circa il 5% dei costi pro-forma 2019 del Gruppo risultante dall’operazione) e, tenendo conto delle dissinergie, 220 milioni da ricavi (pari a circa l’1% dei ricavi pro-forma 2019 del Gruppo risultante dall’operazione).
Il CEO di Intesa Sanpaolo Carlo Messina ha dichiarato: “L’operazione che annunciamo apre un nuovo capitolo della storia di questo Gruppo: vogliamo unire due eccellenze del nostro sistema bancario – Intesa Sanpaolo e UBI Banca – per dare vita a una nuova realtà leader nella crescita sostenibile e inclusiva.” “L’operazione che lanciamo oggi segna una innovazione rilevante nella nostra strategia degli ultimi anni. Siamo infatti convinti che nel nuovo scenario del sistema bancario europeo degli anni ’20 sia necessario guardare avanti e porsi nuovi obiettivi.
La nostra Banca si è sempre distinta per lungimiranza; lo abbiamo dimostrato nel 2011 quando, in anticipo rispetto al settore bancario, abbiamo lanciato un’operazione di rafforzamento del capitale. Una mossa vincente che ci ha consentito di soddisfare i nuovi criteri fissati dalla BCE e porre le fondamenta di un decennio di crescita che ci ha condotti sino a qui.”
Un settore in via di consolidamento
Nell’attesa di conoscere la posizione degli azionisti di UBI Banca e lo sviluppo dell’operazione è indubbio che l'iniziativa di ISP ha comunque dato una "scossa" al mercato e un’accelerazione alle possibili operazioni di M&A tra le banche del nostro Paese, rimescolando nello stesso tempo "le carte" e gli attori in gioco. Una operazione da vero "first mover".
Tutto questo mentre da un lato diverse banche italiane comunicavano un miglioramento nei dati di bilancio e dall'altro istituzioni quali EBA e BCE alzavano il livello di attenzione sulla redditività.
In un recente intervento il Governatore della Banca d’Italia ha infatti evidenziato che, al netto delle componenti straordinarie, il ROE delle banche italiane è salito in media dal 5,8 al 6,6 per cento, ma è ancora inferiore al costo del capitale di rischio dichiarando inoltre che “il modello tradizionale di attività bancaria ha ormai rendimenti contenuti, per ragioni non solo congiunturali”.
Già da tempo la BCE nelle parole dell’allora presidente Mario Draghi aveva parlato di un sistema bancario europeo “overbanked”.
Insomma la ricerca di efficenza, di economie di scala e quindi il consolidamento tra operatori sembra un passaggio obbligato nella trasformazione del settore.
Come cambierà dunque l'industia bancaria italiana nei prossimi anni?
“Che l’efficienza operativa rappresenti ormai un requisito competitivo di base non è certo una novità” dichiara Sergio Spaccavento – Presidente AIFIn. “Già nel nostro Osservatorio Innovazione del 2013 sul tema della sostenibilità dei modelli di business delle banche commerciali avevamo evidenziato come fosse necessario abbassare il livello dei costi e rendere lo stesso coerente rispetto ai ricavi (cost/income), oltre a rendere la struttura stessa dei costi più flessibile. Inoltre avevamo evidenziato la necessità di un più intenso utilizzo della tecnologia per automatizzare, digitalizzare e rendere più efficiente, ma al tempo stesso più agile, la macchina operativa. L’outsourcing selettivo era indicata come un’altra leva per rendere più efficienti le banche soprattutto sulle attività non strategiche. Anche la collaborazione e la coopetition erano suggerite come possibili soluzioni strategiche per migliorare l’efficienza e non solo sotto il profilo tecnologico. Poiché il costo del personale rappresentava una voce rilevante dei costi operativi, suggerivamo che la definizione di un modello di business più efficiente avrebbe dovuto necessariamente incidere sulla dimensione di questo costo, ma contestualmente avrebbe richiesto un’importante trasformazione qualitativa dell’organizzazione per allinearla ai nuovi obiettivi strategici. Sul tema del credito le banche avrebbero dovuto migliorare da tempo la capacità di selezionare le aziende non solo sane ma dotate di progetti imprenditoriali competitivi. Eccellere nel business del credito richiede la capacità di valutare correttamente gli imprenditori e di “prezzare” correttamente lo stesso credito in funzione del rischio. Dall’altro lato evidenziavamo anche la necessità di agire sul fronte dei ricavi: migliorare la redditività imponeva ed impone, ancor di più oggi, alle banche da un lato di difendere i mercati su cui sono già presenti e dall’altro di entrare e svilupparne dei nuovi. Infine sul tema dei modelli distributivi, era evidente da tempo la necessità di investire più velocemente in un modello multicanale evoluto, valorizzare la rete di filiali e le risorse professionali disponibili per sviluppare strategicamente il business della consulenza a 360 gradi. La storia degli ultimi 20 anni di questo settore ci dice, forse, che alcuni trend richiedevano una maggior capacità di anticipazione e di integrazione di questi fenomeni nelle strategie aziendali”.
“Tutti questi punti sono ora la “nuova normalità” nei piani industriali. Oggi – continua Spaccavento - il tema vero è la capacità e soprattutto la velocità di execution. Più difficile è invece cambiare il business model, soprattutto per le banche tradizionali. Questo richiede una vision e una strategia “innovativa” non facile da individuare, coraggio e importanti investimenti tecnologici e sulle risorse umane.”
Le operazioni di fusione porteranno dunque ad un consolidamento del settore. Ma questo sarà sufficiente alle banche per recuperare definitivamente la redditività e soprattutto creano sempre il valore annunciato?
“Sì e no” dichiara Spaccavento. “Anche su questo punto da anni evidenziamo che non sempre tali operazioni creano reale valore. Nel caso in esame sicuramente sì, almeno nella visione ed esperienza di ISP, perché ci troviamo di fronte a due banche tra i “leader” del settore, solide, ben gestite e più redditive rispetto alla media di mercato. Tuttavia in passato non sono mancate operazioni di M&A che non hanno espresso tutte le sinergie auspicate o che mettevano insieme più debolezze che punti di forza. Inoltre il consolidamento del settore oggi più che mai pone un tema rilevante di concorrenza che si lega a sua volta al tema a me caro della necessità di avere nel sistema finanziario una pluralità di intermediari finanziari (per dimensione e tipologia) e quindi anche delle banche locali, purché quest'ultime siano in grado di “stare sul mercato” in termini di reddittività, solidità e con una adeguata corporate governance.”
“Tuttavia siamo ancora in una fase intermedia di questa trasformazione del settore bancario," conclude Spaccavento "in cui deve essere inquadrata anche l’operazione Intesa Sanpaolo-UBI. Il vero cambiamento che potremmo definire “la fase 3” avverrà quando inizieranno le operazioni M&A cross border a livello europeo. A questo si aggiungerà nel frattempo la crescita e il consolidamento su scala europea anche delle "migliori" Fintech e una nuova fase di innovazione tecnologica “post digital". A quel punto, probabilmente tra 10/15 anni, il settore bancario apparirà completamente diverso da come lo conosciamo oggi”.
La redazione FinancialInnovation.it