People strategy: come cambieranno il lavoro e l'organizzazione nelle istituzioni finanziarie del futuro
Le sfide per i responsabili HR tra digital transformation e innovazione.
La diffusione del digitale, l’innovazione tecnologica, i grandi cambiamenti dello scenario di mercato e nei modelli di business nel settore bancario, assicurativo e finanziario stanno rivoluzionando anche “il modo di lavorare” dell’industria e le relative organizzazioni.
Inoltre la pressione sulla redditività sta spingendo tutte le istituzioni finanziarie ad una forte razionalizzazione e riduzione dei costi, inclusi quelli del personale.
L’esempio forse più eclatante è la forte crescita negli ultimi anni dell’adozione da parte della clientela bancaria dell’Internet e del Mobile Banking e la conseguente riduzione dell’utilizzo delle filiali, soprattutto per attività a basso valore aggiunto (es. pagamenti). La conseguenza? Nuovi modelli distributivi e di servizio lanciati non solo dalle banche, ma anche dalle altre istituzioni finanziarie, che hanno comportato una forte riduzione del numero di filiali o punti vendita “fisici”, esuberi e programmi di riqualificazione del personale.
Per il Top Management del settore l’innovazione è diventata una priorità strategica, necessaria per cambiare e rendere sostenibili i modelli di business come emerge dall’ultimo Osservatorio AIFIn/MarketLab “Innovazione finanziaria e fintech”. I principali obiettivi dell’innovazione indicati dai manager che definiscono le strategie di business sono quelli di creare valore per il cliente migliorando gli indicatori di NPS e satisfaction (per il 70% degli intervistati), sviluppare nuove value proposition (es. nuovi prodotti/servizi per diversificare le fonti di ricavo), migliorare il posizionamento competitivo e gli indicatori di efficienza (es. cost/income).
Insomma cambia il contesto competitivo, cambiano le strategie e cambiano di conseguenza anche gli obiettivi e le priorità che i CEO del settore chiedono alle funzioni HR e Organizzazione.
La visione dei responsabili HR e Organizzazione: la sfida dell'innovazione.
Il ruolo dell’HR e dell’organizzazione diventa quindi fondamentale per allineare il modello operativo, i processi, i profili e le competenze del personale alle nuove strategie indicate dal Top Management e dalle direzioni business.
L’Osservatorio Innovazione AIFIn/MarketLab “HR & Organization”, che ha coinvolto 53 manager di 39 istituzioni finanziarie, ha fatto emergere un quadro abbastanza dettagliato di quelle che possono essere le priorità di queste funzioni aziendali.
Se a breve termine (3 anni) il focus è su: riduzione dei costi e recupero di efficienza, adeguamento alla normativa/compliance, intensificazione nelle relazioni industriali, miglioramento dei criteri di misurazione delle performance, ecc.; a lungo termine (10 anni) l’attenzione è sui talenti, l’empowerment, la fidelizzazione delle risorse umane, i nuovi percorsi di crescita, le nuove competenze e l’allineamento organizzativo alla strategia aziendale. Sono tuttavia diverse le aree di convergenza e divergenza di visione strategica nell’HR e organizzazione da parte degli intervistati.
Nell'Osservatorio un focus specifico è stato dedicato al "come" migliorare la capacità di innovazione di queste organizzazioni: l’identikit dell’Innovation Manager, la governance dell’innovazione, l’adozione di modelli organizzativi (agile) e di metodologie/tools come il “design thinking”.
“Dato lo scenario per l'industria anche il ruolo dei responsabili HR e Organizzazione deve cambiare. È necessario essere più vicini alla strategia e al business e avere un ruolo proattivo nell’innovazione, non solo tecnologica. Oggi la competizione richiede alle istituzioni finanziarie flessibilità, velocità, collaborazione, creatività e continuo sviluppo di nuove value proposition e customer experience, ecc. e quindi la necessità di dotarsi in tempi rapidi di diversi modelli organizzativi e strutture, nuovi processi, nuovi partner, profili professionali e competenze. Non mancano chiaramente vincoli e barriere a questa trasformazione che le direzioni HR e Organizzazione dovranno dimostrare di saper gestire al meglio e in tempi adeguati (es. digitalizzazione, flessibilità del lavoro, engagement e riqualificazione del personale, capacità di attrarre talenti, modelli organizzativi agili, ecc.)” – dichiara Sergio Spaccavento, Presidente di AIFIn - The Financial Innovation Think Tank e CEO di MarketLab. “Non meno importante, come emerge dal nostro Osservatorio, è il ruolo che l’HR e Organizzazione potranno avere nel migliorare la cultura e la capacità di innovazione delle istituzioni finanziarie facendosi carico, ad esempio, di proporre al Top Management uno specifico assessment. La formazione sull’innovazione e l’adozione di nuove metodologie e tools a supporto del processo di innovazione sono ormai indispensabili. È necessario dunque investire sull’innovazione a vari livelli e in diverse aree organizzative con continuità e con un adeguato orizzonte temporale, mettendo al centro di questa strategia il capitale umano. Abbiamo creato e messo a disposizione delle istituzioni finanziarie tutta una serie di attività e strumenti (dall'assessment alla formazione, da innovation Lab di Design Thinking alla comunicazione) utili a tal fine.”
Banking a un bivio: il ruolo strategico dell'HR.
Raffaele Parisella, responsabile risorse umane della Banca Popolare di Fondi, invita a considerare la fase che stiamo vivendo non come un semplice movimento evolutivo, bensì come un vero e proprio cambiamento di paradigma. “Il che vuol dire che le banche si stanno interrogando non sul cosa posso offrire di innovativo al cliente ma sul cosa rappresenterò io per il cliente nei prossimi anni”, spiega.
Alla base di questo cambiamento disruptive ci sono le opportunità offerte dalla digitalizzazione che abilitano nuovi approcci e nuove possibilità di relazionarsi con i clienti, ovvero la multicanalità.
Il superamento della rete fisica come touchpoint esclusivo fra la Banca e la sua clientela investe in modo significativo il mondo HR, il quale si trova a dover guidare e gestire, in tempi strettissimi, la più grande riconversione di competenze dai tempi dell’introduzione del pc. “Ma a differenza di allora”, sottolinea, “anche se il settore bancario si è dotato di strumenti di avanguardia per la gestione della transizione (come il fondo di categoria) la stessa si sta rivelando, per via dell’inasprimento dei requisiti previdenziali, significativamente più dispendiosa per il sistema”.
Se l’approdo a medio termine è chiaro a tutti, almeno in linea di massima, la vera incognita è relativa al futuro prossimo, vale a dire come gestire questa fase di transizione senza essere travolti dai cambiamenti, guardando da una parte alle direttive aziendali indirizzate al recupero di marginalità e dall’altra alla necessità di salvaguardare, laddove possibile, l’occupazione.
Secondo Parisella occorre agire su due piani: elaborare sistemi formativi consistenti che garantiscano, in un contesto in cui le politiche previdenziali spingono ad un allungamento della vita utile lavorativa, processi di lifelong employability dei dipendenti e migliorare costantemente l’employer branding aziendale al fine di attrarre talenti adeguati alle nuove esigenze a costi ragionevoli. “Su questo l’HR come funzione deve essere assolutamente protagonista partendo da una prospettiva che, per essere differenziante, non può che essere inside out”, spiega.
Dunque il cambiamento in corso ha una valenza culturale prima ancora che di business. Parallelamente al consolidamento dei nuovi mestieri e dei nuovi significati che i clienti associano al termine di banca, stanno emergendo complessità che solo nuovi modelli di leadership possono governare. Qualche esempio? “Basti pensare che nella stessa organizzazione e negli stessi processi devono insistere e coesistere figure professionali estremamente differenti per esigenze, formazione e mindset di approccio al lavoro”, analizza il manager della Banca Popolare di Fondi. Per favorire questo cambiamento epocale i vertici manageriali del comparto finanziario tendono ad attribuire un ruolo primario ai professionisti delle risorse umane, con questi ultimi a loro volta chiamati a evolvere da una connotazione prevalentemente amministrativa in favore di un approccio più manageriale. Quindi uno sguardo attento alle ragioni del business, ma senza trascurare la necessità di lavorare per prevenire le tensioni, molto probabili laddove coesistono in una stessa azienda fino a cinque generazioni di lavoratori.
“Le nuove organizzazioni, flat e caratterizzate da flussi comunicativi bidirezionali continui, pongono la fiducia come elemento cardine della relazione lavorativa”, sottolinea Parisella. “La logica del comando e controllo diventa desueta, mentre acquistano sempre maggiore importanza, quali elementi chiave della employee value proposition, non la sicurezza e la stabilità del lavoro, ma keywords quali empowerment, accountability, senso di appartenenza gestione per obiettivi e work life balance”, aggiunge. Tutti elementi finalizzati allo sviluppo della persona e all’accrescimento del suo senso di appartenenza all’organizzazione.
Rivoluzione nel modo di lavorare: soft skill e centralità della formazione
“Il digitale e l'innovazione hanno un grandissimo impatto sulla gestione delle persone perché cambiano radicalmente il modo di lavorare di moltissimi di noi. Alcuni lavori spariranno e altri nuovi nasceranno e oggi non è nemmeno possibile immaginare quali potranno essere”. Riflette Andrea Bassi, direttore del personale di Credem. “Per questo sarà fondamentale lavorare sull'impiegabilità delle persone e in particolare sulle loro soft skill per renderle resilienti ed adattabili ai nuovi e futuri lavori”.
In questo scenario, avverte Bassi, le opportunità non mancheranno: “Per chi sarà in grado di adattarsi, la qualità del lavoro crescerà molto. Ci saranno molti meno lavori manuali e molti più lavori di qualità intellettuale. Per contro proprio questa evoluzione potrà rivelarsi una trappola mortale per i lavoratori che non riusciranno a fare questo passaggio e resteranno ancorati al vecchio modo di lavorare. Questa sarà una grande criticità sia per loro, sia per le aziende in cui lavorano”, aggiunge il manager di Credem.
Insomma sono due le condizioni indispensabili per restare competitivi: investire sulla formazione, anche in proprio senza attendere gli input aziendali, ed essere disposti a cambiare il proprio approccio al lavoro, anche nei casi in cui non vi è alcuna apparente ragione per farlo. Un concetto che vale per tutti i lavoratori e a maggior ragione per chi è chiamato a gestire le risorse umane. “Occorrerà mettere in discussione il modo in cui si è gestito il personale fino ad oggi e accogliere l'innovazione e il digitale come stimolo per fare evolvere anche chi si occupa tradizionalmente di risorse umane”, aggiunge Bassi.
Assicurazioni e digital transformation: le persone al centro
Anche nel mondo assicurativo lo scenario è di forte cambiamento e per Samuele Marconcini, Responsabile Organizzazione e Risorse di Cattolica Assicurazioni “la Digital Transformation non può essere ricondotta solo al tema tecnologico: è una sfida che coinvolge il capitale umano e che richiede un ripensamento dei modelli di selezione, sviluppo e gestione delle persone. La digitalizzazione passa attraverso una trasformazione culturale e a nuove competenze digitali, imponendo nuovi modelli di organizzazione del lavoro più agili e nuovi modelli di leadership. In questo processo di trasformazione al centro ci sono le persone. In generale c’è immaturità digitale e paura del cambiamento. La direzione risorse umane ha l’opportunità di affiancare i vertici aziendali nel favorire le condizioni per velocizzare l’apprendimento e la formazione, oltre che per creare un terreno fertile per lo sviluppo dei 'talenti'."
La responsabilizzazione delle persone: tra smart working e work-life balance
"La tecnologia è entrata in molti aspetti della vita aziendale" - dichiara Claudio Schieppati, Segretario Generale e Direttore Risorse Umane di BNP Paribas Cardif, "ma uno degli impatti più evidenti è certamente quello sulla flessibilità e responsabilizzazione professionale dei collaboratori, anche grazie allo smart working, che in BNP Paribas Cardif abbiamo introdotto ormai qualche anno fa. Un vero e proprio cambio di paradigma che ci ha consentito di valorizzare di più le persone, il loro talento e la loro creatività, grazie a spazi di lavoro flessibili all’interno dell’azienda e spazi “virtuali” da remoto, favorendo una maggiore autonomia e soddisfazione."
"La responsabilizzazione delle persone e il clima di fiducia che ne deriva si ripercuote innanzitutto in un aumento della motivazione. La tecnologia agevola anche una gestione più veloce delle attività e dei tempi lavorativi migliorando il work-life balance, generando benefici “pratici” in termini di performance e produttività, di logistica e, non da ultimo, di sostenibilità (pensiamo a quanti pendolarismi in meno!). Nel caso dello smart working, abbiamo riscontrato qualche difficoltà, oggi superata, nella fase iniziale, più che altro in termini di barriere culturali da parte di chi non riusciva a staccarsi dal modo di lavorare più tradizionale. Qualche manager temeva di perdere il controllo sulle risorse, mentre alcuni collaboratori non si sentivano a loro agio nell’essere “isolati” e dover gestire le proprie attività senza la vicinanza fisica dei colleghi o del manager stesso."
L'innovazione HR nelle assicurazioni
Sul fronte più generale dell’innovazione per Marconcini di Cattolica Assicurazioni la sfida per la direzioni HR è duplice:“dotarsi al suo interno delle tecnologie, degli strumenti e delle nuove competenze e professionalità necessari per un ripensamento digitale dei propri processi e servizi e, allo stesso tempo, lavorare sulla cultura aziendale e organizzativa indirizzando il mindset delle persone verso l’innovazione.”
Sempre in questo ambito il “great place to work” è per Schieppati di BNP Paribas Cardif "determinato anche dalla capacità di un’azienda di trovare un equilibrio tra l’innovazione generata dalla “contaminazione” esterna e la valorizzazione della creatività delle proprie persone. La direzione HR può fare molto in questo senso creando una cultura interna orientata all’innovazione. Noi lo abbiamo fatto implementando un ecosistema interno interconnesso con nuovi contenuti e modalità, anche di linguaggio. Si va dal team working trasversale, basato sulle competenze e non sulla gerarchia, a momenti di condivisione con esperti di innovazione esterni, dalla piattaforma on-line di “idea sharing” sino alla partecipazione nella selezione dei finalisti delle “call4ideas”, dalla formazione interattiva 4.0 all’ascolto e al confronto grazie ad un nuovo strumento digitale di sviluppo delle risorse che mette al centro la crescita del collaboratore, la sua relazione con il proprio manager e l’apertura alle opportunità locali ed internazionali che il Gruppo BNP Paribas offre ai suoi collaboratori."
La redazione di FinancialInnovation.it