La relazione tra pandemia ed economia: i costi, le sfide
Giovanni Ajassa, Direttore Servizio Studi e Head of Economic Research BNL – Gruppo BNP Paribas
Ho vissuto un sacco di guai, la maggior parte non si sono però mai verificati. Così diceva Mark Twain, per invitare alla calma in tempi di forti cambiamenti. Nel tornante della storia che tutti gli abitanti del Pianeta stanno vivendo il guaio è invece accaduto veramente. Non atteso, sebbene prevedibile e da taluni previsto.
A distanza esatta di un secolo dall’influenza spagnola, una nuova pandemia torna a percuotere con violenza il presente e il futuro della comunità umana. Facendo a tutti scoprire un senso di profonda fragilità. Lanciando, nel contempo, la sfida di una reazione basata sulla velocità, sulla lungimiranza e, soprattutto, sulla razionalità. Razionalità che vuol dire capacità di apprendere via via dai propri errori, aggiustando il tiro e promuovendo un autentico cambiamento. Perché, purtroppo, la relazione tra pandemia ed economia non è una relazione lineare, come invece suggerisce la facile narrativa delle “fasi” successive. Alla data di scrittura di questo articolo nessun paese al Mondo può dirsi aver superato con certezza la fase più acuta dell’emergenza, stante la mancanza di un vaccino sicuro ed efficace e/o di una cura risolutiva. In questo orizzonte di vasta incertezza le prospettive migliori di crescita o di minor decrescita vengono attribuite a quei paesi capaci di combinare un’efficace mitigazione dell’urto pandemico mediante la pratica diffusa e durevole dei “gesti barriera” anti-contagio insieme ad una ripresa quanto più ampia possibile delle attività economiche e sociali. La guerra al Covid non si esaurisce nella prima battaglia. Né una maratona va confusa con uno sprint.
In questo impegnativo contesto l’Italia è il paese che prima di ogni altro in Europa ha pagato un drammatico prezzo all’incontro con la forza del virus. In termini di sofferenze e di vite umane. Nella misura della crisi economica e sociale più grave dal Secondo Dopoguerra dello scorso secolo. In aggiunta, l’Italia è entrata nel lungo tunnel della crisi pandemica non avendo ancora recuperato dalle due recessioni del 2008 e del 2012. Soprattutto, non avendo ancora realizzato alcune decisive riforme in grado di rendere la nostra economia più agile e capace di attrarre e realizzare investimenti.
Sta quindi ora in noi coniugare il resto della difficile traversata per uscire dalla crisi sanitaria con la realizzazione di una non più prorogabile opera di modernizzazione della nostra economia. Sono sfide che taluni giudicano impossibile che l’Italia vinca. Ma una razionale spinta a nutrire più fiducia negli orizzonti che abbiamo davanti viene dalla considerazione di almeno due elementi.
In primo luogo, dal rinnovato ruolo del sistema creditizio come fattore di sostegno al mondo di famiglie e imprese, come l’esperienza del lockdown della primavera del 2020 ha dimostrato: un ruolo che potrà essere ulteriormente declinato e consolidato. E dalla positiva svolta che lo shock sanitario ed economico della pandemia ha impresso all’azione di supporto e indirizzo dell’Unione europea, specie attraverso il varo del piano pluriennale sul Next Generation European Union (NGEU). Sta a noi uscire dal circolo vizioso tra pandemia e recessione. Possiamo farcela, come italiani e come europei1.